La Rete

Biografia

Autoritratto frontale, 1903-1904

Domenico Baccarini nasce a Faenza il 16 dicembre 1882 da umile famiglia. Il padre, Tommaso, era un ciabattino e la madre, Maddalena Bassi, una casalinga analfabeta. Per arrotondare gli scarsi proventi del marito, Maddalena apre una piccola bottega di frutta e verdura. Fra gli abituali avventori vi è Lorenzo Landi, collezionista e amatore d'arte, che nota all'interno della bottega il giovane Baccarini con uno stecco in mano, intento a modellare una testina di vecchio. Il Landi, intuendo il talento del giovane, esorta i genitori ad assecondare questa sua predisposizione iscrivendolo alla locale Scuola di Disegno e Plastica. Nell'ottobre 1894 Baccarini frequenta la Scuola di Arti e Mestieri diretta dal maestro Antonio Berti, sotto la cui guida si perfeziona nel disegno; contemporaneamente si esercita nella plastica. Baccarini con i suoi elaborati risulta il migliore della scuola suscitando fra i compagni ammirazione e stima. Nasce una forte amicizia con i ragazzi più giovani di lui, che li porta a incontrarsi ogni sera nel retrobottega della madre Maddalena per parlare d'arte, di letteratura contemporanea, disegnare, intagliare, leggere riviste d'epoca... Questo modestissimo ambiente diviene in breve tempo un vero e proprio "cenacolo".
Vinta una piccola borsa di studio, Baccarini si reca nel 1900 a Firenze per seguire i corsi dell'Accademia di Belle Arti. Conosce pittori e scultori: Giuseppe Viner, Raul Dal Molin Ferenzona, Giovanni Costetti, Pelizza da Volpedo. La sua formazione culturale tardo-verista e macchiaiola si indirizza ben presto alle correnti preraffaellite, simboliste e divisioniste.
Nel febbraio del 1902 è a Firenze dove si esercita nell'autoritratto, ma in seguito ad un forte attacco di broncopolmonite fa ritorno a Faenza. Dopo la convalescenza, si esercita nel fare piccole plastiche decorative da riprodurre in maiolica per le Fabbriche Riunite di Ceramiche.
Nei primi mesi del 1903 Baccarini conosce la bellissima diciannovenne Elisabetta Santolini, una popolana, alta, bionda, dagli occhi azzurri, soprannominata Bitta. L'innamoramento è veloce: la Bitta diverrà la sua musa ispiratrice, compagna e modella ritratta nei più vari atteggiamenti. Andranno a vivere nell'umile casa paterna, destando malumori perché la coppia non regolarizzerà mai l'unione. In questi mesi Baccarini partecipa all'Esposizione Emiliano Romagnola di Belle Arti a Imola e in settembre alla Sezione Artistica dell'Esposizione Circondariale di Lugo, presentando il gruppo plastico Sensazioni dell'anima, opera rifiutata alla precedente Biennale di Venezia, e che viene qui premiata con una Medaglia d'oro per la scultura.
Per tentare di risolvere la disperata situazione economica, Baccarini e la Bitta decidono di partire per Roma. Baccarini cerca di farsi una vita nuova trovando lavoro nella redazione del quotidiano romano "La Patria", come illustratore e riproduttore di vignette, e dove conosce l'antiquario romagnolo Giuseppe Sangiorgi, fondatore dell'istituzione benefica "La Casa del Pane". Il contatto con l'ambiente romano e la frequentazione artistica e culturale della capitale alimentano la sua primaria inclinazione simbolista.
Nel frattempo gli viene comunicato che all'Esposizione Regionale Romagnola di Ravenna ha riscosso un notevole successo di vendita e di critica con il conferimento della Medaglia d'oro: le sue opere vengono acquistate per la Pinacoteca dell'Accademia di Ravenna.
Il primo agosto la Bitta dà alla luce Maria Teresa. Ormai in serie difficoltà economiche, decide nell'autunno di far ritorno a faenza. Inizia una nuova collaborazione come illustratore e il 29 gennaio 1905 sul frontespizio del settimanale romano "Avanti della Domenica"compare una delle sue prime illustrazioni, a cui ne seguiranno altre nei numeri successivi.
Gli anni 1905-1906 sono anche quelli della grande amicizia con lo scrittore Antonio Beltramelli, dalle novelle del quale (Anna Perenna e I Primogeniti) il Baccarini trae ispirazione per molti disegni. Abbandonato dalla Bitta per il giovane artista imolese Amleto Montevecchi, cerca rifugio prima a Milano poi a Roma. Il suo stato di salute e le sue condizioni fisiche peggiorano velocemente ed è così costretto a ritornare a Faenza. Poche settimane prima della morte Baccarini aveva scritto all'amico Beltramelli: "Ed ecco troncato il mio lavoro, non credere che mi dispiaccia troppo andarmene; so tollerare il destino; piuttosto provo un acre dispetto per il tesoro che la morte mi ruba. Avrei voluto lavorare ancora perché tale era la mia felicità: ecco tutto".
Baccarini, minato dalla tisi o dalla tubercolosi, rifiutando il ricovero, muore nella sua casa il 31 gennaio 1907.


La "vena artistica"

Essenzialmente disegnatore e plasticatore, il Baccarini fu curioso di ogni tecnica: oltre che cimentarsi nella pittura ad olio e a pastello, fece prove di incisione su legno, su rame e litografiche. Di temperamento affettuoso e socievole, intorno a lui si riunì un folto gruppo di giovani, su cui ebbe un grande ascendente, di letterati e uomini di cultura uniti in una specie di cenacolo. L'arte del Baccarini risente della cultura eclettica allora imperante: vi sono echi della tradizione ottocentesca, ma anche di moduli preraffaelliti, dell'ultimo Segantini e di Pelizza da Volpedo, nonché del Liberty e delle Secessioni, il tutto però dominato dalle due componenti, fondamentali per il Baccarini, dell'umanitarismo e del realismo romagnolo.

Il nucleo più rappresentativo della sua opera è quello dei disegni. Fra i soggetti ripetuti, oltre ai familiari (la madre, la sorella, la figlia Maria Teresa) e alla Bitta, è l'autoritratto in cui il bel volto scarno e pensoso è spiritualmente modulato in varietà di atteggiamenti e di tecniche. Il maggior gruppo di opere di Baccarini è custodito nella Pinacoteca comunale di Faenza, ma importanti selezioni sono in collezioni private faentine (Francesco Papiani, Rino Emiliani, Vincenzo Ghirlandi ed altre). Fuori di Faenza, in raccolte pubbliche, non si trovano che due terrecotte nella Pinacoteca della Accademia di Ravenna e un disegno, La croce sul campo seminato, conservato nella Galleria d'Arte Moderna di Roma.

Tratto da:

- Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 5 (1963), voce di Ennio Golfieri
- Domenico Baccarini, catalogo generale delle sculture e dei dipinti con i disegni dalle collezioni comunali di Faenza, a cura di Stefano Dirani e Claudio Spadoni, Milano, Electa, 2007, (pubblicato in occasione delle mostre tenute a Ravenna e Faenza nel 2007